Ci avviciniamo alle prime vacanze dopo il Covid-19, o meglio alle prime vacanze durante il Covid-19. L’idea di convivere con il coronavirus anche nel periodo dedicato allo svago e al riposo rende ancora più anomala una fase maledettamente surreale della nostra esistenza, perché fra i tanti punti di riferimento ci ha tolto anche questo, la vacanza come riposo totale, come estraniamento dalla realtà quotidiana. Attenzione, ogni forma di vacanza, dal viaggio che potranno concedersi le persone la cui situazione economica non è stata intaccata più di tanto dalla pandemia, alla villeggiatura cui molte famiglie nonostante le difficoltà economiche cercheranno di non rinunciare, fino alle gite fuori porta che per tanti, troppi, potrebbero essere gli unici giorni di vacanza in un anno che il Covid-19 ha segnato pesantemente.
Qual è il futuro del turismo in Italia, sulle nostre montagne, sulla nostra Riviera? Che cosa faranno i Piemontesi, i Lombardi, i turisti stranieri che da sempre vengono a godere delle nostre meraviglie? Già perché per tutti queste saranno le prime vacanze dopo il Covid-19. Tutti abbiamo la nostra canzone per l’estate, tutti ricordiamo le notti magiche di un’estate italiana e da oggi tutti avremo anche l’estate del Covid-19.
Quale sia il futuro del turismo e delle tante imprese che lo animano e delle tante persone che vi lavorano, ovviamente noi non lo sappiamo. Noi facciamo comunicazione e proprio per questo ce lo chiediamo. Non siamo analisti di mercato né tanto meno veggenti. Chi fa comunicazione innanzitutto osserva, poi agisce. Perché è compito della comunicazione intuire il cambiamento e, nei limiti del possibile, alimentarlo, modificare gli atteggiamenti collettivi. E la comunicazione mai come oggi deve puntarlo, il cambiamento. Deve fiutarlo, capire dove diavolo sta andando, morderlo e contribuire a trasformarlo in valore. Altrimenti è solo retorica e la retorica non è comunicazione bensì semplice attività di persuasione, i cui effetti durano finché regge l’impalcatura del procedimento razionale. Ma la comunicazione va oltre, trasforma il cambiamento in “prodotto” (nel senso più nobile del termine, inteso come risultato di un atto creativo) e gli fornisce un’anima.
In questi due mesi di lockdown la comunicazione non è potuta prescindere dal coronavirus. Impossibile trovare un messaggio che non facesse riferimento alla situazione generata dalla pandemia. “Siamo con voi”, “Andrà tutto bene”, “Quando la vita tornerà normale ritroverete la nostra marca di fusilli ad aspettarvi con un sorriso”. Creativi con poca creatività? No, creativi che nella maggior parte dei casi hanno svolto bene il proprio lavoro, non potevano fare diversamente perché la comunicazione fa leva prevalentemente sull’emozione e il Covid-19 si è appropriato di tutte le nostre emozioni. Il problema, ma anche il bello, viene adesso.
Adesso la parola dominante è ripartenza. Ovvia, anche giusta perché in questa sede non è nostro compito discutere un modello di vita o di società. Non siamo analisti di mercato né veggenti, dicevamo, e non siamo nemmeno sociologi. Siamo sempre comunicatori (non sappiamo fare altro, ma almeno questo lo facciamo bene). In quanto comunicatori lavoriamo soprattutto con le parole e la parola ripartenza non ci piace. Indica un valore, certo, ma la comunicazione deve guardare sempre al valore ulteriore, al valore come sarà dopo che sarà evoluto. Non è una parola sbagliata, anzi, ma non può essere materia di comunicazione e infatti i messaggi che la usano sono o scontati o retorici.
Proviamo dunque a sostituire la parola ripartenza con la parola cambiamento. La partita, per la comunicazione così come per le imprese che “ripartono”, si gioca qui. La ripartenza è inevitabile, il cambiamento è una virtù. La ripartenza è una boccata d’ossigeno, il cambiamento un’atmosfera nuova. Crearla è compito – anche – della comunicazione.
Torniamo alla domanda iniziale: qual è il futuro del turismo? Il futuro prossimo, quello dell’estate delle vacanze dopo il Covid-19, e il futuro anteriore, quello in cui dovrà costruirsi un mondo nuovo. Nella comunicazione non esistono “ricette”, ma solo strategie. E qualunque sia la strategia per i vari territori, per le diverse categorie del settore, per i diversi target, tutte puntano in un’unica direzione: fiutare il cambiamento, seguirlo, morderlo e non mollarlo più. Poi viene la creatività, che trasforma la strategia in magia e fissa il cambiamento nella sfera delle emozioni fino a renderlo stabile nel suo fluire.
Futuro prossimo e futuro anteriore, appunto. La comunicazione dei territori e del turismo, nell’estate delle vacanze dopo il Covid-19, punta su due fasi temporali che, nel target, identificano anche due fasi emozionali: un’azione immediata, concreta, forte che con un colpo di coda innovativo punta a salvare il salvabile di un’estate praticamente già iniziata; seguita da un’azione di lungo respiro che su quel colpo di coda dovrà costruire un mondo nuovo, frutto del cambiamento. Nel futuro prossimo il cambiamento va mascherato da ripartenza, nel futuro anteriore il cambiamento dovrà diventare l’atmosfera nuova che offrirà un nuovo inebriante ossigeno, miscelando le emozioni e creando un nuovo valore.
Chi saprà attuare entrambe le strategie, che sono poi due parti della stessa strategia, ce la farà.